MUSEO FRANCO AZZINARI
Azzinari, all’età di 14 anni, per necessità abbandona il paese d’origine, San Demetrio Corone in provincia di Cosenza, e gira in un lungo e in largo per l’Europa, con un lungo soggiorno in Normandia e a Parigi dove subisce il fascino dei grandi pittori dell’Impressionismo, in particolar modo di Gauguin, Van Gogh e di Monet . Nel 1978 ritorna nella sua Calabria e si innamora della splendida macchia mediterranea, esprimendo al massimo le sue potenzialità artistiche. “Un autentico colpo di fulmine!”, racconta Franco Azzinari. “In questi luoghi ho imparato ad esprimermi con i colori e a realizzare il lungo sogno dell’infanzia: i campi di grano mossi dal vento”. Il sindaco del piccolo borgo medioevale di Altomonte, l’ On. Costantino Belluscio, si entusiasma dell’arte di Azzinari e destina gli spazi della Torre Pallotta, scrigno di pregevole valore storico-architettonico, a “Museo Franco Azzinari” dove sono esposte 40 opere tra le più significative che l’Artista ha realizzato nell’arco di un trentennio.
Azzinari ad Altomonte – Costantino Belluscio
Aveva 27 anni Franco Azzinari quando è venuto per la prima volta ad Altomonte. Aveva già portato nel mondo le forti emoziont dell infanzia, impresse in quei visi scavati della nostra gente semplice di campagna sullo sfondo dei colori della terra di origine che erano presenti nelle sue tele. Ma qui da noi era pressoché sconosciuto. Ero stato attratto dalla mostra che teneva nel paese della sua origine, San Demetrio Corone. Mi erano state trasmesse, allora,le sue stesse forti emozioni. E fu questo ad indurmi ad invitarlo a visitarci, a soggiornare tra noi, a dipingere, a esporre i suoi quadri.
I paesaggi dell’anima – Susanna Tamaro
Nella nostra società la natura oscilla ormai tra due poli opposti. Quello di Grande Malata e quello di Grande Minaccia. Tutti abbiamo davanti agli occhi le immagini dei cormorani invischiati nel petrolio durante la guerra del Golfo, alternate a quelle dei monconi delle sopraelevate sospesi nel vuoto dopo i terremoti di Los Angeles e di Kobe. Le immagini dei quadri di Azzinari aprono uno squarcio di solare e arcaica bellezza in questa visione, angosciosamente riduttiva.
L’uomo non vi compare se non indirettamente, attraverso la presenza di campi seminati. Qui le piante, i cieli, le infinite sfumature delle erbe selvatiche hanno il sopravvento. Non c’è malattia né catastrofe. La fatica di crescere si scorge appena nei tronchi nodosi degli ulivi. C’è invece una dote così rara e perduta come la capacità di osservare il dettaglio.
Un prato di cui si vede soltanto il colore verde è un prato e basta, uguale identico a mille altri. Non provoca emozione, né mai potrà emergere tra gli altri con la forza del ricordo. Un prato in cui posso chiamare per nome la ginestra, sullo sfondo, e il papavero in primo piano, sarà un prato diverso. Sarà mio, con quella luce e quegli odori. Non sarà più estraneo, esterno.
È la precisione del dettaglio a trasformare le varietà botaniche in un paesaggio dell’anima. Ricordo l’inizio di una fiaba letta da bambina, in cui il protagonista cominciava la sua storia entrando dentro un quadro. Davanti ai quadri di Azzinari ho avuto lo stesso desiderio. Ho pensato: basterebbe metterne uno su una parete bianca. Guardarlo e scivolare dentro. Camminare per ore assordati dalle cicale, tra le erbe alte e i fichi d’India, verso il mare.
Semplicità e pudore di Azzinari – Alberto Bevilacqua
Di Azzinari, gradisco, in particolare, la semplicità scoperta e insieme il pudore con cui “illustra la natura”. Bisogna intenderci su questa che parrebbe formula ambigua: niente naturalismo, e nemmeno copia conforme. Si tratta di altro, di un processo che va chiarito, anche per quel titolo – Paesaggi – che il pittore stesso ha dato a una sua cartella contenente immagini di campi e di pianure in fiore.
Più esattamente, quel titolo avrebbe dovuto formularsi: “sentimento di paesaggi”; infatti, ciò che emerge dalla composizione, dal colore, è una natura prima sognata (come luogo di fiaba, di avventura misteriosa; come condizione, dunque, niente affatto naturalistica, bensì filtrata fortemente dall’onirico) e poi illustrata nel suo sogno.
L’ordine segreto della natura – Paolo Rizzi
Quando dipinge, Franco Azzinari è sempre e comunque “vero”: vale a dire sincero con se stesso. Egli obbedisce alle pulsioni dell’ istinto senza lasciarsi fuorviare da intermediari di vario tipo, men che meno culturali. Egli, in altre parole, riesce a “veder puro”: che è molto dfficile oggi, più che ieri. Noi siamo solitamente condizionati da innumerevoli modelli di consumo e di comportamento: l’artista autentico deve sì conoscerli, magari studiarli a fondo, come deve conoscere e studiare tutto il repertorio del grande museo della cultura, ma al momento di esprimersi deve essere anzitutto se stesso.
Io credo che Azzinari sia un artista assolutamente istintivo: egli si immerge nella natura, come un insetto si immerge nella terra bruna e calda, scavandovi la sua tana e godendo di questa sua felicità panica.
Leggi tuttoL’uomo, anzi l’Uomo non c’è – Fulco Pratesi
L’uomo, anzi L’Uomo non c’è. Nella pittura di Azzínari la figura umana làtita. Ma solo per gli ignari. Chiunque conosca il paesaggio del nostro Meridione, chiunque abbia scarpinato per i calanchi e i poggi argillosi di quella parte di Calabria che invia le sue torride fiumane verso lo Jonio, vi riconosce l’orma di quell’uomo che, per più di seimila primavere fiorite, di estati polverose, di autunni opachi e di inverni àlgidi ha raspato, graffiato, zappato, erpicato, vangato, arato, costipato, pascolato, bruciato, queste piagge, sradicandone la originaria natura fatta di querce e frassini, olmi e lentischi, lecci e carrubi per ricavarne i grami pascoli, i colti riarsi, gli oliveti grigiastri che splendono nei quadri di Azzinari.
Ed è il grigioazzurro che domina in questi paesaggi plasmati dall’uomo: il grigioazzurro degli olivi artritici e sconvolti, ll grigioazzurro delle agavi anguiformi venute dal Messico, il grigioazzurro dei cladodi pungenti dei fichi d’ india, il grigioazzurro delle ginestre grondanti di gialle corolle.
Leggi tuttoRitorno alla natura – Giorgio Celli
Chi è Azzinari? Che tipo di pittura è la sua pittura? Da un certo punto di vista, sicuramente un poco imprudente, si potrebbe apporre alle sue opere l’etichetta di un naturalismo, perché sembrano rifarsi anteprima dell’impressionismo, sostituendo all’impressione, all’istantaneo, una percezione più durevole, più circostanziata, più attenta. Questa attenzione – perché proprio di attenzione si tratta, nel senso più preciso del termine – è rivelatrice di un recupero delle cose, che possiamo considerare una delle componenti peculiari del cosiddetto post-moderno. Ma non intendo generare degli equivoci: quando parlo di ritorno non voglio indicare una rivisitazione pura e semplice del passato. In parole povere Azzinari non riprende il naturalismo, girando come in moviola all’indietro la successione degli stili, ma pratica un neonaturalismó che è passato attraverso l’impressionismo, e che per forza non può più essere quello di una volta.
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